martedì 9 febbraio 2010

Operazione verità 2010 n. 16

In Campania votare
il malaffare di destra o di sinistra?





Meglio votare FICO!

Delitti a fin di bene
di Marco Travaglio

Nel "processo breve" a se stesso celebrato da Enzo De Luca al congresso Idv, mancavano la pubblica accusa e un’informazione decente che conoscesse le carte. C’era solo l’imputato, che infatti si è assolto fra gli applausi, raccontando al popolo dipietrista quel che aveva già fatto credere al suo partito, il Pd. E cioè che è stato rinviato a giudizio due volte per truffa allo Stato, associazione a delinquere, concussione e falso per un’opera buona: aver consentito agli ex lavoratori dell’Ideal Standard di continuare a godere della cassintegrazione.
Naturalmente è una superballa. Quei lavoratori sono disoccupati. Che cosa è successo davvero? Non si tratta delle accuse di un pm impazzito (Gabriella Nuzzi, cacciata da Salerno dopo aver osato indagare su De Luca e sulla fogna politico-giudiziaria di Catanzaro, vedi caso De Magistris). Si tratta delle ordinanze di rinvio a giudizio firmate da due gup, due giudici terzi. Lo stabilimento altamente produttivo dell’Ideal Standard di Salerno fu chiuso, i dipendenti finirono in mobilità, i suoli industriali che valevano miliardi vennero ceduti a prezzi irrisori a un gruppo di speculatori-immobiliaristi dell’Emilia Romagna (terra cara all’allora ministro dell’Industria, Pier Luigi Bersani).
Questi scesero a Salerno, finanziati da banche emiliane e venete e da una finanziaria di San Marino, per realizzare un’operazione irrealizzabile, fittizia – il parco marino Sea Park – e così strappare indebitamente la cassintegrazione e incamerare sontuosi finanziamenti pubblici. Uno dei beneficiari dell’operazione – come han ricostruito i giudici – fu il costruttore Vincenzo Grieco, amico di De Luca e proprietario dei terreni sulla litoranea orientale, destinata al Sea Park da un’apposita variante urbanistica illegittima che trasformò i suoli da agricoli in turistici.
I modenesi della Sea Park avrebbero versato a Grieco fondi neri per 29 miliardi di lire e promesso al comune di Salerno di versarne altri 22 di oneri concessori non dovuti, con garanzia fideiussoria. I 29 miliardi sarebbero finiti sui conti della famiglia di Grieco e da questo prelevati in contanti per distribuirli un po’ in giro. Il gruppo Sea Park fu poi costretto a sputare altri 6 miliardi extra-bilancio, con assegni bancari girati per l’incasso a un collaboratore di Grieco, che li parcheggiò su un conto Unicredit per essere poi prelevati in contanti o girati su conti della famiglia Grieco.
Nonostante il salasso, la Sea Park non riuscì a ottenere la proprietà dei terreni di Grieco, che, oltre a tutti i soldi incamerati, seguita pure a lucrare sull’aumento della rendita fondiaria dei terreni, gentile omaggio della giunta De Luca. Intanto il gruppo emiliano, spolpato dai salernitani, è ridotto sul lastrico. Gli subentra un consorzio di società immobiliari e del ramo rifiuti capitanato da un faccendiere bresciano pregiudicato, Angelo Tiefenthaler.
De Luca appoggia anche lui per un fantomatico programma di "riconversione industriale", utilissimo per ottenere indebitamente le indennità di mobilità e cassa straordinaria per gli ex lavoratori Ideal Standard. Al posto del parco marino, si dice, nascerà un centro turistico-commerciale e, al posto dell’Ideal Standard, un bell’inceneritore. Invece spunta una centrale termoelettrica, opera della multinazionale svizzera Egl e gemella di quella di Sparanise (raccontata dal Fatto a proposito delle liaisons fra finanza rossa emiliana e clan Cosentino).
Per queste vicende la pm Nuzzi aveva chiesto al gip l’arresto di De Luca e al Parlamento l’autorizzazione a usare certe sue intercettazioni indirette. Richieste respinte. Il gip distrusse addirittura le bobine gettandole nell’inceneritore, anziché attendere la decisione della Consulta (che di lì a poco ne decretò la piena utilizzabilità); subito dopo il fratello del gip, Luca Sgroia, diventò segretario dei Ds di Eboli e aprì la campagna elettorale per De Luca sindaco di Salerno. E ora chi ha stomaco forte lo elegga pure governatore della Campania.


"Non potevamo dare la Campania ai casalesi"
di Luca Telese


Di Pietro: "Il patto è chiaro.

Se De Luca è condannato si dimette.

Nessuna poltrona per noi".


Domenica Il Fatto titolava con ironia sulla decisione presa al congresso dipietrista: "La svolta di Salerno". In prima pagina un editoriale di Marco Travaglio (critico) sulla scelta di appoggiare Vincenzo De Luca a Salerno. Eppure il padre della svolta, Tonino Di Pietro, non si scompone: "L’alternativa era consegnare la Campania al clan dei Casalesi. Quindi non sono per nulla pentito, anzi. Sono soddisfatto".

Onorevole Di Pietro, da uno a dieci quanto l’ha fatta arrabbiare il fondo di Travaglio?
Zero.


Zero?
Anzi, sono stato contento. Non solo non mi è dispiaciuto, ma si sta aprendo, dentro e fuori dall’Italia dei valori un dibattito interessante e utile. Cosa può produrre? Prima di tutto più informazioni. E poi un percorso ?di crescita. Un pacchetto di garanzie per gli elettori di tutta la coalizione.


In che senso?
De Luca è il candidato del Pd, quello che hanno scelto loro. Potevamo combattere la sua candidatura condannandolo alla sconfitta certa. Non solo lui, purtroppo, ma tutto il centrosinistra.


Evitare questo è la sua priorità?
Certo. Significa condannare la Campania a essere governata per cinque anni da Cosentino, dai suoi amici, e dal suo candidatino.


E invece?
Invece possiamo ingabbiare De Luca con una serie di condizioni. Ed è quello che stiamo provando a fare.


Ma lei ha letto i documenti dei suoi processi, prima di invitarlo al congresso?
E certo che l’ho fatto.


Che idea ne ha tratto?
Ho letto il rinvio a giudizio e le carte processuali nella loro sostanza.


Se l’accusa non è fondata vuol dire che i magistrati hanno sbagliato?
No, I magistrati hanno fatto bene ad aprire l’inchiesta. Il magistrato agisce perchè ha l’obbligo dell’azione penale. Ma De Luca ha altrettanto diritto a far valere le sue ragioni nel processo e deve dimostrare la sua estraneità nel processo.


Travaglio ha dei dubbi sul primo punto del vostro accordo.
L’impegno a dimettersi se condannato?


La condanna definitiva potrebbe arrivare fra un decennio.
Dal punto di vista legale è innocente fino a fine processo.


E dal punto di vista politico?
Dal punto di vista politico, e questo non è giustizialismo a vanvera, gli chiederei di dimettersi subito dopo una eventuale condanna.


Glielo chiedo in modo esplicito. L’Idv se De Luca non lo facesse toglierebbe la fiducia alla giunta?
E ci mancherebbe altro! E’ venuto fino al nostro congresso a darci garanzie!


Lei tre giorni fa definiva De Luca un rospo da baciare per non far vincere il coccodrillo...
Non mi sono rimangiato nulla, è quello che pensavo.


Oggi De Luca è diventato principessa?

Per nulla. In questo momento storico ho chiesto al congresso di fare uno sforzo di realismo politico.


Quanto ha contato il discorso di De Luca?
E’ venuto a giurare di fronte a 5mila persone. Ha promesso di usare la ramazza contro il clientelismo: noi staremo lì a controllare che questo avvenga.


Ci sono molti che promettono.
Intanto lui ha spiegato che non farà come Berlusconi. Che accetterà il verdetto. Chi vota noi sa che siamo lì per fare in modo che accada.


E’ un compromesso?
Sì, ma non cedo di un millimetro sui nostri principi. Non è la situazione ideale. Era o mangi la minestra o salti dalla finestra.


E lei cosa ha fatto?
Non mi sono buttato di sotto. Faccio in modo che la ministra sia condita di garanzie, e se possibile meno indigesta.


In altri tempi avrebbe buttato la ministra dalla finestra?
In altri tempi sul fornello del centrodestra non c’erano persone accusate di avere rapporti con i poteri criminali. Per me era facile salvarmi l’anima. Magari prendevo pure più voti! Ma abbiamo il dovere di sapere quale è il contesto.


Il congresso ha votato per acclamazione, senza scrutinio.

Ma avevano tutti alzato le mani! E’ stata una scelta partecipata e libera. Ci fossero stati dubbi avrei contato uno ad uno io stesso.


Barbato, il suo oppositore ha ritirato la candidatura. Gliel’ha chiesto lei?
Ma proprio per niente! Anzi. Non aveva rispettato tutte le regole statutarie, ma non ho fatto il pignolo.


Lei ha fatto il direttore d’orchestra sulle mozioni.
Oh, caspita. Ce n’erano seicento, anche dieci sullo stesso punto! Molte sono state accorpate per semplicità. Accade in tutti i congressi. Quella contro il familismo è stata un po’ annacquata. Io ho proposto di rivederla. In quel modo era incostituzionale. Nessun può impedire a qualcuno di far politica perché ha un parente che lo fa.


E’ contento di come è stata approvata?
Sì. Perché nessun parente otterrà cariche esecutive o rappresentative per nomina. Se vuole deve trovarsi i voti.


Arriviamo all’alleanza con il Pd. Solo due settimane fa lei aveva rotto i rapporti. Ha ceduto, lei o Bersani?
Il Pd era come una bella donna che deve scegliere un partner, ma si tiene due amanti.


L’altro era Casini?
Sì, l’inciucismo possiblista dell’Udc.

E adesso ha scelto voi?
Bersani ha detto chiaramente che l’asse portante è quello tra il Pd e noi. E che il Pd si oppone a tutti i tentativi di inciucio. E’ una bella conquista ottenuta grazie alla nostra iniziativa e alla nostra forza.

Ha voluto l’accordo su De Luca per rompere l’isolamento, visti gli attacchi del Corriere?

Mavà! Non ci azzecca proprio per niente! Mi convinca. Secondo lei mi spavento per quattro balle condite con una foto in una caserma dei carabinieri e un assegno che non abbiamo nemmeno incassato? Tzeee....

Era arrabbiato, però.
Beh, certo....Mi sparano addosso! Che sono masochista? Però sono dei fondi di barile, ho visto ben altro, e lei lo sa. Il patto con il Pd ha delle contropartite?

Il patto con il Pd ha delle contropartite? Ecco, proprio questo dovrebbe farle capire. Non abbiamo chiesto un poltrona, una! Non abbiamo nemmeno un candidato nostro!!!

Ci sarebbe Callipo....
Beh. In primo luogo non è dell’Idv. E non abbiamo nessuna certezza che lo votino. Magari. Vede, si potrà dire tutto di noi, in questa storia. Ma l’unica cosa certa è che non vogliamo poltrone.


Tu quoque Tonino...
di Beppe Grillo

Il giorno dopo l'appoggio a De Luca come Governatore della Campania da parte di Antonio Di Pietro mi sono svegliato con la testa pesante, con un senso di nausea. Non ne ho capito subito il motivo. Poi ho messo a fuoco i miei pensieri e ho rivisto migliaia di persone che applaudivano convinte, con una standing ovation, una persona che incarna l'esatto contrario di Antonio Di Pietro. Marco Travaglio ne descrive per filo e per segno nel Fatto Quotidiano di oggi le vicende giudiziarie strettamente intrecciate con il Pdmenoelle emilianoromagnolo di Bersani. Non le ripeterò a mia volta. Non basterebbe il post per elencarle. Per De Luca non è necessario aspettare la sentenza, parla la sua faccia, la sua arroganza, la sua ignoranza come potete ammirare nel video che mi ha dedicato quando criticai l'inceneritore di Acerra.
Per un partito che ha fatto delle mani pulite la sua bandiera, uno come De Luca rappresenta un suicidio politico. Infatti, chi ha le mani sporche potrà dire che Di Pietro è uguale agli altri. Ghedini, Belpietro e Feltri pagheranno di tasca loro per poterlo affrontare in una trasmissione televisiva. Ci sarà la fila. Resta però il fatto che Antonio Di Pietro non è uguale agli altri. E allora, perché dilapidare un patrimonio di consensi per un signore con due processi pesantissimi in corso? Era meglio Bassolino che di processo ne ha uno solo ed è anche più simpatico di De Luca.
Io sono grato a Di Pietro per il sostegno che ha sempre dato alle iniziative del blog, come i Vday o la manifestazione dei familiari antimafia. L'unico tra i segretari di partito a esprimere pubblicamente la sua solidarietà nei miei confronti. La Rete sta giudicando in modo severo, quasi da amante tradita, l'operato di Di Pietro. Io non lo farò, avrà le sue ragioni che non sono le mie. Però Bersani e La Torre in prima fila al Congresso dell'Italia dei Valori (insieme al convitato di pietra Massimo D'Alema) rappresentano un'idea della politica che non mi appartiene, quella dei compromessi, del meno peggio, della mancanza di alternative in nome di una governabilità che ci ha regalato decenni di Andreotti, Craxi e Berlusconi. Mi dispiace, non mi interessa.
Il MoVimento 5 Stelle vuole cambiare le regole del gioco. In Campania candida Roberto Fico, un cittadino preparato e incensurato di 35 anni. I cittadini devono rappresentare sé stessi in prima persona e gli eletti rispondere ogni giorno delle loro azioni attraverso la Rete. Ognuno conta uno. Il Programma è il punto di rifermento. Idee e non ideologie. La politica come servizio (temporaneo) e non come professione. I mezzi che giustificano i fini sono un'emerita cazzata. Il fine e il mezzo sono la stessa cosa. Se il primo è merda, lo diventa anche il secondo. Tonino, torna indietro.